La Cornell University ha recentemente condotto uno studio innovativo che sostiene un radicale cambio di percezione del mining di Bitcoin, spesso visto come dannoso per l’ambiente a causa dell’enorme consumo di elettricità necessario. Secondo i ricercatori della Cornell, infatti, il mining di Bitcoin potrebbe invece diventare un motore per la transizione verso energie rinnovabili, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico anziché accelerarlo.

Lo studio

Il lavoro di ricerca, intitolato “From Mining to Mitigation: How Bitcoin Can Support Renewable Energy Development and Climate Action,” pubblicato sulla prestigiosa rivista ACS Sustainable Chemistry & Engineering, ha esaminato progetti di energie rinnovabili pianificati negli Stati Uniti, valutando il potenziale di profitto del mining di bitcoin durante la fase di sviluppo pre-commerciale, fase in cui le centrali green generano elettricità ma non sono ancora integrate nella rete.

La "valle della morte"

Tutti i progetti legati all’energia rinnovabile, soprattutto quelli nuovi, soffrono di quella che viene chiamata la “valle della morte dell’innovazione”, un problema che possiamo vedere anche nelle semplici start-up e che è causa del fallimento di molte iniziative.

Esiste infatti un intervallo di tempo tra le fasi di Ricerca e Sviluppo e quella di commercializzazione in cui molti progetti muoiono. Questo avviene perché nella fase di ricerca e sviluppo hanno consumato tutte le risorse economiche disponibili e non ne hanno per sostenere il progetto fino all’arrivo di investitori privati e all’adozione.

Lo Studio della Cornell evidenzia che, per i progetti relativi all’energia, il mining di bitcoin permetterebbe di impiegare l’energia prodotta fin dalle fasi sperimentali in valore economico, contribuendo quindi a sostenere economicamente il progetto mentre attraversa la “valle della morte” Questo valore in alcuni casi è calcolato essere di milioni di dollari.

Il potenziale per le aziende

Uno degli aspetti più interessanti dello studio è emerso nelle analisi dello stato del Texas, identificato come quello con il maggior potenziale. Con 32 progetti di energie rinnovabili in fase di sviluppo, il Texas potrebbe generare profitti di ben $47 milioni utilizzando il mining di bitcoin durante le operazioni pre-commerciali. Progetti come Aktina Solar e Roseland Solar hanno dimostrato di essere particolarmente redditizi, generando un profitto di ben 3.23 milioni di dollari. In Alps Blockchain, abbiamo adottato in Italia un approccio simile, integrando mining farm all’interno delle centrali idroelettriche italiane. Questo ha dimostrato che il mining può essere un alleato del settore idroelettrico, convertendo l’acqua in potenza di calcolo e generando nuovi profitti. I produttori di energia possono reinvestire questi profitti per migliorare la struttura e il potenziale produttivo delle centrali idroelettriche storiche italiane, che altrimenti sarebbero poco redditizie a causa della scadenza degli incentivi statali su cui hanno fatto affidamento per anni.

Gli autori suggeriscono la possibilità di innescare circoli virtuosi: la concessione di incentivi o sgravi alle mining farm sostenibili attireranno i miner più virtuosi, questi sosterranno i progetti acquistandone l’energia e metteranno in stabilità le reti elettriche, il tutto riduce l’impatto ambientale e porta ad una più veloce transizione verso l’energia green e la riduzione delle emissioni di carbonio.

Sebbene gli autori riconoscano che il mining di criptovalute comporta ancora costi ambientali, come il consumo di metalli e l’obsolescenza dell’hardware, ritengono che i risultati dello studio indichino vie per mitigare alcuni di questi impatti e avere un conto complessivo nettamente positivo.

Lo studio è stato parzialmente finanziato dalla National Science Foundation.

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